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· SENSIBILITA' ECOLOGICA NEI PROGETTI DI MAURICE KANAH

di Paolo Ferrario
Ufficio Stile,
Set 98, n°4
     
Il recente ingresso dell'Italia nella Comunità Europea determinerà una radicale trasformazione dell'apparato giuridico-amministrativo che investe il campo della progettazione architettonica ed urbanistica. Non solo gli enti preposti all'emanazione delle leggi verranno sottoposti ad una radicale ridistribuzione delle competenze e delle responsabilità ma anche il contenuto stesso delle leggi e lo spirito che le anima subiranno un sostanziale rinnovamento. Un nuovo pensiero attraversa questa trasformazione: la sensibilità ecologica. Le alterne vicende economiche e politiche del nostro paese hanno sempre fatto sì che il rispetto delle condizioni e degli equilibri ambientali venisse considerato dai più un lusso per poche nazioni privilegiate.
 
Oggi, invece, alcune leggi, capaci di influenzare in senso ecologico il processo ed il prodotto architettonico, stanno entrando nel nostro ordinamento anche perchè è giocoforza che le nostre normative recepiscano le direttive comunitarie da sempre più sensibili a queste tematiche. Circoscrivere l'influenza di questa nuova sensibilità ai soli elementi compositivi e linguistici del prodotto architettonico è poca cosa, si rende quindi necessario un approccio alla progettazione ed alla critica architettonica che faccia riferimento ad una pluralità di campi disciplinari capaci di integrare ed indagare tanto la genesi del progetto quanto la fisicità del manufatto e la gestione nel tempo dello stesso.
     
I tre progetti che qui presentiamo, sviluppati all'interno dello studio milanese - KConsult Engineering - sotto la direzione dell'arch. Maurice Kanah, riflettono, nel loro insieme, le diverse dimensioni nelle quali può manifestarsi il pensiero ecologico. Il carattere specifico e settoriale della rivista sulla quale scriviamo ci invita a presentare i progetti partendo dalla piccola scala, dalle piccole trasformazioni dell'ambiente costruito in grado di influenzare la nostra vita quotidiana fino ad arrivare alle nuove interpretazioni dello spazio che questi progetti sottintendono ed alle innovazioni tecnologiche che adottano.

Per meglio comprendere queste realizzazioni, deve sempre essere letta tra le righe la complessità dei fenomeni con cui questi manufatti intendono interagire.
     
L'autostazione    
Il progetto qui illustrato, oggi in fase di elaborazione esecutiva, è destinato ad ospitare la nuova sede della Società Torinese per i Trasporti Intercomunali. L'edificio è collocato in via Savona, ai margini del centro storico torinese, in un'area prospettante sul fiume Dora (Fig. 1). Il complesso sembra a prima vista ospitare solamente la stazione degli autopullmann della società e gli uffici amministrativi della stessa, ma ad uno sguardo più attento rivela la compresenza di una molteplicità di funzioni che rispondono ad un ruolo più complesso che l'edificio gioca nel tessuto urbano. Il percorso circolare di accesso e di uscita dei mezzi di trasporto interseca il piano terreno dell'edificio maggiore dove i passeggeri possono attendere in sale di aspetto, acquistare i biglietti e accedere ad altri servizi di conforto percorrendo traiettorie protette e distinte da quelle dei mezzi meccanici (Fig.2). Gli uffici del personale viaggiante e di quello amministrativo della società occupano parte del piano terra e la totalità degli spazi dei piani superiori. Nei volumi, organizzati organicamente, lo spazio di lavoro dei dipendenti in alcuni case combacia e si sovrappone con quello vissuto dai clienti. Di volta in volta infatti gli spazi assecondano le relazioni o le separano in base al grado di autonomia o di dipendenza degli utenti dell'edificio. Gli spazi non sono dunque sottoposti ad una organizzazione gerarchica ma sono commisurati e organizzati nel rispetto delle effettive esigenze di relazione. In questo senso l'arch. Kanah ed i suoi collaboratori, coerentemente con i principi ecologici, hanno interpretato la storia non come un deposito di possibili citazioni ma come processo attraverso il quale gli utenti dell'edificio costruiscono nuove relazioni orientate a dare una risposta efficace al problema quotidiano di utilizzare questo mezzo di trasporto. I progettisti hanno costruito un nuovo racconto (logos) ragionando attorno ad un problema concreto ed esistente (oikos) senza fare rigida osservanza della manualistica o delle tipologie precostituite. Il rispetto della memoria storico-architettonica è, invece, leggibile in facciata (Fig. 3) nell'esplicito riferimento a episodi di architettura maggiore torinese quali gli edifici perimetrali di Piazza San Carlo, rappresentati nelle stampe dello Juvarra (Fig. 4), e nel costante quanto critico riferimento agli assi ordinatori risalenti alla fondazione della città.
     
Sull'ampio piazzale della autostazione prospettano due corpi di fabbrica, il primo, a cui abbiamo già fatto cenno, è un edificio dalla pianta triangolare ma solo i cateti maggiori danno vita a volumi abitati. Il lato minore è aperto sulla nuova piazza che media tra le quote differenti della autostazione e della retrostante via Fiocchetto.(Fig. 6) La piazzetta, realizzata sopra il parcheggio privato dei dipendenti, inserisce l'intervento nel contesto della città esistente. Il luogo è strategico, il sistema ortogonale della antica Torino trova qui un elemento di discontinuità: l'irregolare tracciato della Dora. La piazza diventa così cerniera tra tessuti di diversa matrice oltre che terrazza, luogo alto dal quale è possibile percepire la complessità degli spazi e individuare autonomi punti di riferimento per l'orientamento.
 

Il terzo elemento progettato è destinato ad ospitare una futura espansione degli uffici. La sua pianta irregolare, nata per coordinarsi con i vecchi e i nuovi allineamenti dei prospetti e dei fili di gronda, ha indotto i progettisti a scegliere una hall centrale come elemento di distribuzione interna. Lungo le tangenti di questa corte, fulcro del nuovo fabbricato, sono allineati i singoli uffici (Fig. 7). I materiali adottati nelle tre realizzazioni, mattoni a vista e pareti vetrate, appartengono al lessico dell'edilizia italiana contemporanea senza fughe verso tradizioni espressive alloctone.
     

Le soluzioni tecniche degli interni sono invece studiate per il raggiungimento delle massime condizioni di benessere fisico e psicologico. Gran parte, infatti, delle partizioni interne sono dotate di sopraluce che permette una permeabilità dell'intero edificio ai raggi luminosi riducendo in tal modo l'adozione di fonti artificiali illuminanti durante le ore del giorno. Ma è nel comfort termico che questi interni risultano di particolare interesse. Per mantenere condizioni interne favorevoli al lavoro anche duranti i mesi estivi ogni ambiente è stato dotato di un dispositivo di condizionamento soft cooling basato sul sistema delle travi fredde. L'intero edificio può dunque essere letto alla luce del principio ecologico della ottimizzazione delle risorse disponibili siano esse energetiche che umane.

     
Trave Fredda    
Recenti studi sul comfort termico hanno dimostrato che le caratteristiche del moto che l'aria deve possedere per assicurare buone condizioni di benessere fisico non sono solo relative alla sua velocità ma anche al suo grado di turbolenza. Queste conoscenze hanno portato gli ingegneri a riconsiderare i sistemi di raffreddamento e di ventilazione. Anche se i tre metodi di trasmissione del calore (conduzione, convenzione, irraggiamento) sono universalmente noti nessuno sforzo era stato fatto per diminuire la temperatura di un locale in altro modo che immettendo aria più fredda per tutta la quantità occorrente e, dato il basso valore del calore specifico dell'aria, era necessario far circolare un elevato volume di aria per ottenere l'effetto desiderato.

 

   
Il cambio da questo sistema di raffreddamento basato sul movimento dell'aria con ventilazione meccanica a un sistema combinato di irraggiamento e di convenzione permette il necessario effetto raffreddante mantenendo la velocità dell'aria molto bassa. Questo processo garantisce un basso valore di turbolenza che evita ogni sensazione di discomfort legato alle correnti d'aria. Quanto detto sopra ha portato allo sviluppo di sistemi di condizionamento, detti soft cooling, che fanno uso combinato del principio di assorbimento per irraggiamento termico e per convenzione. Questi generano un flusso naturale di aria senza ventilazione meccanica mediante elementi posizionati al livello del soffitto. Quando l'acqua di raffreddamento passa attraverso gli elementi attivi, detti comunemente "travi", l'aria più calda viene raffreddata dalla superficie più fredda. L'aria raffreddata, più densa, fluisce attraverso la trave e verso il basso nell'ambiente. Questo crea una circolazione d'aria nel locale dove l'aria più calda è continuamente rimpiazzata da aria più fredda. Inoltre gli elementi radianti-convettivi presentano anche il vantaggio dello scambio diretto di calore tra la superficie fredda della trave stessa e superfici calde del locale per l'effetto radiante sopra ricordato. Questo effetto può raggiungere il 30-35% della totale capacità raffreddante della trave. Si riduce così di altrettanto il flusso convettivo globale dell'aria sotto la trave.
     

La minor velocità dell'aria e della sua turbolenza permettono di ottenere oltre alla assenza di discomfort, legato alle correnti di aria, una forte riduzione delle polveri sospese, principale causa delle numerose allergie che si presentano sui posti di lavoro. L'insieme di queste proprietà rendono la trave fredda un utile espediente tecnico capace di dare una risposta coerente alle direttive della legge 626/94. L'assenza della ventilazione meccanica e del relativo movimento forzato dell'aria attraverso bocchette o ventilconvettori annulla praticamente la rumorosità del sistema di condizionamento. I sistemi soft cooling presentano, inoltre, una ottima caratteristica di efficienza di sostituzione. Questo parametro può essere visto come un coefficiente che indica quanto rapidamente l'aria di un locale è sostituita rispetto al minimo tempo teorico. L'assenza di filtri e di punti di possibile condensazione evitano l'accumulo e la moltiplicazione di batteri come può avvenire soprattutto con i sistemi fan-coil. Caratteristica infine dei sistemi soft è la sensazione di benessere riscontrata dagli occupanti a pari temperatura dell'aria. Questa sensazione è legata al fatto che il corpo umano cede direttamente per via radiante una quota della propria energia di metabolismo e di conseguenza ne cede per via convettiva all'aria una quota inferiore. E' proprio l'effetto del trasporto convettivo con l'aria a contatto del corpo che determina la sensazione di caldo e di freddo. L'impressione immediata in un ambiente condizionato con un sistema soft cooling è di maggiore fresco in estate e di maggiore tepore in inverno. Se questi sono i vantaggi in termini di benessere fisico ad essi le travi fredde aggiungono anche convenienze di carattere economico e gestionale. Il movimento dell'aria attraverso la ventilazione meccanica nelle quantità occorrenti per raffreddare un ambiente produce un consumo elettrico pari a ca. il 25% del consumo elettrico necessario per produrre le frigorie equivalenti ai carichi da asportare. Nei sistemi soft questo consumo si riduce a 1/10. I consumi relativi sono di conseguenza ridotti di ca. un quarto rispetto ai sistemi tradizionali. Anche la manutenzione si riduce praticamente a livello di un impianto a termosifone. Oggi il soft cooling rappresenta nella maggior parte dei paesi europei, il sistema più diffuso per condizionare gli uffici con punte di diffusione del 60-70% ed è unanimemente raccomandato dai maggiori studi di progettazione.

     
Parcheggio fotovoltaico    
In questo caso il tema ecologico con cui lo studio KConsult si è confrontato è quello della attivazione di processi produttivi di energia mediante fonti rinnovabili. Anche in questo caso il ruolo delle istituzioni europee è risultato essere fondamentale. Il progetto attinge dal fondo economico Thermie istituito dalla comunità sovranazionale. Il progetto sviluppato in stretta collaborazione con Eurosolare, società di ricerca del gruppo ENI, si basa sull'utilizzo di pannelli fotovoltaici di nuova invenzione. I pannelli sono caratterizzati dal fatto di avere uno spessore così contenuto che consente loro di partecipare virtuosamente alla composizione architettonica senza stravolgere le forme e i lineamenti. Nel nostro caso sono stati applicati a dei supporti orizzontali a copertura di un parcheggio sito a San Donato Milanese accanto al celebre edificio di Gabetti ed Isola. La duplice funzione che svolgono, di assorbimento dei raggi solari e di protezione delle autovetture, riscatta la tradizionale giustapposizione dei loro predecessori sui tetti degli edifici come fossero corpi estranei. Anzi, a questo proposito, se ne prevede anche l'utilizzazione nei sempre più stratificati sandwiches delle facciate continue.
     
Il progetto consiste in una teoria di elementi verticali in acciaio indipendenti tra loro e armati da un cursore che li rende solidali. Lo stesso cursore regge una foglia orizzontale e basculante su cui giacciono i recettori. L'impatto ambientale che normalmente questi sistemi di produzione dell'energia comportano è ammortizzato dal fatto che in questo caso le strutture di sostegno consentono di collocare i pannelli in una area già urbanizzata. Inoltre il forte segno degli elementi progettati contribuisce a caratterizzare il luogo, altrimenti anonima distesa di autovetture, e consente al progetto di misurarsi con l'autorevole palazzo uffici che gli sorge accanto. Il disegno di ogni struttura, in equilibrio tra high tech e organico, attribuisce al progetto la funzione di anello di congiunzione estetica tra le preesistenze architettoniche ed ambientali.
 
     
Ecomuseo    
· Terzo ed ultimo progetto è indubbiamente il più complesso e il più rappresentativo della filosofia progettuale della Kconsult. L'Ecomuseo non è solamente un edificio destinato alla conservazione delle testimonianze della cultura materiale locale, ma è un piano complessivo di recupero ambientale che intende operare come volano per la riabilitazione del tessuto produttivo dismesso.
Il progetto Ecomuseo si ispira ad analoghe esperienze praticate in Germania nella regione della Ruhr ed in Francia dove esiste da tempo una vera e propria Federazione di ecomusei e di musei della società alla quale prendono parte circa settanta esperienze di riabilitazione.
 
I resti degli antichi pozzi minerari di Niccioleta e Fenice Capanne, frazioni di Massa Marittima in provincia di Grosseto, vengono prima "decostruiti" per poi essere reinseriti, dal progetto dell'Architetto Kanah, in un nuovo circuito di interessi ambientali, culturali ed economici. Ad operazioni di nuova edificazione, che qui illustriamo, si aggiungono interventi di ripristino dei cicli floro-faunistici recisi dalla attività mineraria, di conservazione delle tecniche e delle tecnologie estrattive e di valorizzazione in chiave economico-turistica dell'intero comprensorio.
Nei progetti dell'arch. Kanah l'architettura non svolge la funzione di rappresentare figurativamente la natura ma è parte di essa e dei suoi cicli. Per questa ragione gran parte degli interventi architettonici consistono nel ripristino della abitabilità di alcune strutture e nella loro conversione ad altre funzioni, mentre è nei nuovi corpi di fabbrica che è possibile riconoscere quei principi compositivi che attraversano tutti i lavori dell'architetto Kanah.
 
     
Due sono le nuove realizzazioni: i laboratori ed il museo o centro di documentazione. Il nuovo edificio dei laboratori ospiterà gli ambienti per le diverse attività legate alla sperimentazione, all'artigianato locale e alla formazione dei giovani. E' formato da due corpi divergenti uno interno al lotto e l'altro lungo la strada principale. Lo spazio intercluso dai due corpi è a doppia altezza e tamponato a vetri. Il diaframma trasparente e la forma inclinata della copertura contribuiscono a creare un invito all'ingresso e simulano una prosecuzione della piazza antistante.
     
Il tema è quello dello spazio continuo, della continuità tra esterno ed interno tipico della tradizione organica e ben rappresentato dalle prospettive a volo d'uccello o all'altezza dell'occhio umano che rappresentano il progetto.
Il secondo edificio, ad un tempo museo e centro di documentazione, ospita invece la memoria della antica attività mineraria. Il fabbricato, di un solo piano fuori terra, ha forma rettangolare, con il lato lungo a ridosso della collina, e presenta un impianto basilicale: una navata centrale, coperta da una grande volta a botte ribassata e due laterali di dimensioni inferiori con copertura piana.

La memoria di quella attività mineraria che ha segnato visibilmente l'intero territorio è esemplificata nel linguaggio architettonico dal tema del muro che viene trattato come segno forte, come asse ordinatore e riferimento generale per l'aggregazione dei volumi.
La sua tematizzazione è la onesta affermazione di una precisa e non dissimulata identità all'interno dei complessi sistemi ecologici.
Questo sembra in contraddizione con il tema dello spazio continuo, a cui si è fatto cenno prima, ma nei processi progettuali ecologici le ragioni funzionali e le valenze simboliche dell'architettura si sposano. L'estetica inclusiva del pensiero ecologico ammette le contraddizioni e le valorizza. Il muro, attraversando l'edificio da parte a parte e proseguendo nel paesaggio circostante, è tanto una sorta di pentagramma sul quale si sviluppa la poetica del progetto quanto una chiave armonica sotto la quale ogni parte si proporziona al tutto.